martedì 31 maggio 2011

La diffusione della criminalità organizzata può essere combattuta con la cultura della legalità


Nei giorni scorsi si è tenuto a Tolentino un interessante incontro sul tema della giustizia e della lotta alla criminalità grazie alla presenza di Antonio Nicaso uno dei massimi esperti al mondo di criminalità comparata e in particolare, di ‘ndrangheta.
Le posizioni equilibrate, ma nette di Nicaso hanno permesso di affrontare in modo alto il tema della giustizia al di fuori del dibattito politico.
Ha ricordato che “la giustizia è una cosa seria” e vista dall’America del Nord, dove Nicaso vive e lavora da più di venti anni, l’Italia non offre sempre questa impressione. Ha evidenziato la gravità dello scontro tra i poteri in atto e del tentativo di limitare l’autonomia della Magistratura; ha espresso una valutazione negativa sulla riforma in fase di discussione portando una serie di esempi pratici; allo stesso tempo, però, ha evidenziato gli importanti successi del Governo: gli arresti dei latitanti, l’aver tolto il patteggiamento in appello e la confisca dei beni dei mafiosi.
Grazie alle domande della giornalista Monica Centofante, Nicaso ha affrontato il tema della criminalità organizzata nel mondo (la ‘ndrangheta ha stretto rapporti con i terroristi colombiani, con i narcos messicani) ed in Italia ricordano lo storico intreccio con politica ed economia e la presenza della ‘ndrangheta anche nel Nord e nel Centro Italia. Nicaso, nel corso del suo intervento, ha comparato le mafie “identitarie” (le organizzazioni italiane, russe, giapponesi) individuando tre caratteristiche comuni: la forza dei legami interni, la ricchezza delle relazioni esterne e la capacità di adattamento. Ed è proprio la capacità di adattamento che permette alla mafie di essere sempre capaci di rinnovarsi.
Una particolare attenzione è stata dedicata anche alla situazione nella nostra regione. Nicaso dopo aver ricordato gli aspetti positivi del nostro territorio in termini di solidi legami sociali e di una cultura estranea alla mentalità mafiosa, ha evidenziato che le Marche si trovano in una posizione interessante da un punto di vista geografico (vasto litorale, il porto di Ancona, l’aeroporto di Falconara), dal punto di vista economico (la presenza di moltissime piccole e medie aziende) e dal punto di vista delle strutture di comunicazione che permettono l’apertura dei mercati con l’Est: tali caratteristiche la rendono una regione appetibile per le organizzazioni criminali dove possono estendere il mercato della droga e riciclare il denaro sporco. Fin dall’inizio degli anni ’90 lo stesso Nicaso ha studiato la mafia russa e i primi rapporti con le Marche; è stata ricordata la presenza nelle Marche delle cosche degli Alvaro, Cordì, Bellocco, Macrì, Nirta, Ursino che gestiscono il traffico di cocaina, “sbubba (eroina) e fumo”.
Tale presenza è stata confermata anche dall’importante arresto nel 2006 di Ficara a Matelica ritenuto uno dei boss della cosca Ficara-Latella e dall’operazione nel 2009 contro un gruppo di trafficanti di droga legati alle cosche della ‘ndrangheta reggina. Nicaso ha ripetuto che la società civile nelle Marche reagisce positivamente, le Marche non sono una terra di mafia ed esistono, quindi, gli anticorpi per resistere, ma bisogna promuovere iniziative di sensibilizzazione, bisogna evitare di sottovalutare il fenomeno. La mafia cresce nel silenzio “loro bussano, ma se non gli aprite non entrano” ha ricordato Nicaso rivolgendo alle imprese l’invito a non cedere in momenti di difficoltà ai soldi della mafia: basta solo uno che presti il fianco e si mette in moto una sorta di catena e la strategia è sempre la stessa: iniziano con gli investimenti e poi arrivano, si legano e si insediano con l’obiettivo del potere e non solo della ricchezza.
“L’intervento di Nicaso, grazie anche alle numerose domande, è stato puntuale e chiaro - dichiara l’Assessore Alessandro Bruni – confermando una profonda capacità di analisi delle organizzazioni criminali. Mantenere alta la guardia è l’impegno di tutti, inclusa l’Amministrazione comunale e sarà importante promuovere con continuità iniziative che favoriscano la cultura della legalità soprattutto tra i giovani”.
Autore: Ufficio Stampa del Comune di Tolentino

ADORATO FIGLIO di Graziella Marota



Carissimi, pubblico una lettera di una donna, di una mamma speciale. Graziella ha perso suo figlio Andrea in un incidente sul posto di lavoro. Andrea aveva poco piu' di vent'anni. Le parole che seguono sono l'espressione piu' intensa e piu' pura che io abbia mai letto o sentito della parola "amore". Sono una lezione di vita per tutti noi.


Mi piacerebbe offrirti qualcosa di grande come la gioia che mi ha sempre dato la tua presenza, qualcosa di immensamente bello come bella è l’anima che hai dentro di te, qualcosa di grande valore, come la generosità che hai sempre avuto nel cuore e qualcosa di eterno come l’Amore Infinito che ci unisce tutti.
Se mi fosse concesso il potere di esprimere un desiderio, chiederei per te la più grande soddisfazione e il piacere impagabile di godere sempre del risultato dei tuoi sforzi;
chiederei che la magia della musica che suoni possa portarti sempre più in alto, e possa mettere le ali a tutti i tuoi sogni;
Chiederei che l’amore che provi per qualcuno possa sempre essere apprezzato e ricambiato e che nessuno debba mai giungere a compromessi per esprimerlo;
Chiederei che il denaro per te possa sempre arrivarti pulito e abbondante, ma che non superi mai il valore di un’amicizia o rovini l’onestà del tuo lavoro.
Chiederei che ogni giorno, in ogni luogo e in qualunque situazione, non venga mai a mancarti il coraggio e la forza per superare ogni avversità.
E chiederei la pazienza di saper aspettare e l’umiltà per permetterti di guardare dall’alto in basso qualcuno solo per aiutarlo ad alzarsi se ne ha bisogno.
Chiederei per te la possibilità di fare tanti viaggi, ma vorrei che il viaggio più bello tu potessi farlo dentro di te.
.
Ed infine, chiederei che l’orgoglio sia presente in te solo per ricordarti di essere stato e di essere per sempre il figliolo più amato di questo Universo.

Con infinito Amore,
Mamma

domenica 29 maggio 2011


Non dimentichero' mai...

Erano mesi che preparavo questo incontro. Salvatore Borsellino e Antonio Nicaso insieme al Teatro comunale di Porto San Giorgio per i ragazzi delle scuole medie. Chi di voi ha mai organizzato un evento conosce bene l'impegno che comporta eppure, nonostante la fatica fisica e psicologica ogni passo verso il giorno prescelto riempie il cuore di gioia. Ogni telefonata, ogni “problema” da risolvere, ogni persona nuova che si avvicina per collaborare ci conduce verso quella verita' che a gran voce chiediamo da tutta Italia. Mesi di duro impegno che ho visto dissolversi quando sono stata colpita da una forte colica proprio il giorno della conferenza. Dire che mi e' crollato il mondo addosso e' estremamente riduttivo! Non riuscivo a contenere le lacrime. Piu' mi sforzavo di alzarmi dal letto per preparami piu' il mio corpo me lo impediva. Tra pianto e disperazione ho preso il telefono per avvertire che non sarei potuta essere presente. Non riuscivo a credere che stava capitando davvero. Per tutta la mattinata non ho fatto altro che tentare di immaginare il teatro trasbordante dell'entusiasmo di tanti splendidi ragazzi, di letture, di musica, di immagini e la voce e lo sguardo di Salvatore che mostrava loro emozioni, parole, idee ed una passione che dubito fortemente avevano mai conosciuto prima. Il cuore di Salvatore e la storia di Paolo Borsellino che entravano a far parte dei ricordi della platea del futuro. Una cittadina di mare, un puntino sulla carta geografica che era stata raggiunta dal respiro del fresco profumo di liberta'. Immaginavo Antonio Nicaso. Cercavo di pensare alle parole che stava usando per spiegare, attraverso la sua immensa conoscenza del fenomeno mafie cosa fossero la ndrangheta, la camorra, cosa nostra. Immaginavo e piangevo. Ogni messaggio di incoraggiamento che arrivava innescava in me un voragine di profonda desolazione . Ascoltavo i rintocchi del campanile della Chiesa che scandivano i minuti e le ore che passavano come per rimarcare una sconfitta. Non ero riuscita a portare a termine il mio impegno. Sentivo di aver fallito, di aver deluso tante persone, di aver deluso Salvatore che a dispetto dei tanti chilometri da percorrere e di tutte le difficolta' professionali e personali che affronta per venire da noi negli angoli piu' remoti del nostro Paese non ci abbandona mai. Ero arrabbiata con me stessa fin quando, terminata la giornata Salvatore non e' venuto a trovarmi. Avete idea di come ci si puo' sentire ad essere a letto malati con Salvatore Borsellino che viene a farti coraggio quando sei consapevole che dovresti essere tu il suo sostegno? Vorrei riuscire a trovare un modo per raccontarvi cio' che ho provato, i mille pensieri che mi passavano per la testa ma questa volta proprio non ci riesco. Posso dirvi solo che il suo profumo mi ha tenuta compagnia per tutta la notte successiva e, sentire quel profumo ha alleviato il forte mal di testa che non mi dava tregua ormai da ore. Mi sono svegliata l'indomani ancora molto debole ma con la tranquillita' necessaria per affrontare e districare le emozioni che si erano aggrovigliate nell'anima e che soffocavano il significato reale della giornata trascorsa. Laddove la mia presenza fisica non era potuta arrivare i contenuti e lo scopo di tanto lavoro erano vivi piu' che mai. Ho acceso il telefonino per trovare una valanga di messaggi di solidarieta'. L'evento era riuscito anche senza di me e questo, alla fine, e' cio' che conta davvero. Questo, alla fine, e' lo spirito che anima il nostro Movimento e che ci unisce al di la dei confini di ogni regione d'Italia. E se rileggendo questo piccolo ricordo riaffiora una lacrima non e' di rammarico ma di felicita'. Perche' cos'e' la felicita' se non la possibilita' di essere utili a qualcosa ed a qualcuno? Cos'e' la felicita se non la possibilita' di donare qualcosa che il prossimo non e' abituato a ricevere? Questa mattina i rintocchi del campanile non rammentano qualcosa che ho perso ma qualcosa che insieme a tante persone meravigliose ho potuto costruire.

venerdì 6 maggio 2011

Lorenzo Jovanotti Cherubini - Le Tasche Piene Di Sassi



Voglio dedicare questa canzone al giudice Paolo Borsellino. Dal cuore scaturiscono i sentimenti piu' veri e la passione e la saggezza per riconoscere giusto da sbagliato e il coraggio di agire di conseguenza. Buona giornata a chi consapevolmente o per errore capita da queste parti.

lunedì 2 maggio 2011

Sembra scritto oggi!


Vi chiedo di leggere questa nota ma non solo di leggerla. Vi chiedo di farla vostra, di farla entrare nei vostri cuori e di farla divenire ardente desiderio di vera Giustizia, di vera Democrazia, di vera Liberta', di vera Uguaglianza. Un'Italia migliore e' possibile perche' le persone per bene sono la maggiorranza, e' solo che non lo sanno. Noi non siamo costretti a vivere in un paese governato da politici che trattano con le mafie togliendo ogni singolo diritto a noi ed ai nostri figli. Non siamo costretti a subire promesse elettorali vuote volte solamente alla conquista di poltrone del potere riempite da mutanti che cambiano partiti politici, ideologie e morale per servire i loro sporchi interessi personali. Il degrado ci circonda. Il degrado in questo Paese e' ovunque. E' nelle scuole, e' negli ospedali, e' sul posto di lavoro, e' l'immondizia che sommerge le nostre antiche e bellissime citta', e' il cemento, e' il mare inquinato. Il degrado e' la tristezza che scorgiamo l'uno sul volto dell'altro perche' noi, noi italiani non viviamo, noi sopravviviamo a malapena. E' ora di riscattare il diritto di vivere una vita piena dove il contributo produttivo del singolo cittadino e' la ricchezza del nostro Paese, dove il mio ed il tuo lavoro, dove la mia e la tua felicita', dove la mia e la tua salute fisica e mentale segnano il progresso della nazione ed il benessere collettivo per distruggere definitivamente i mafiosi che governano l'Italia. Per vedere la realta' basta fare lo sforzo di guardarsi intorno, basta iniziare a porsi delle domande e cercare le risposte. Basta voler cambiare, insieme, uniti.

Che cosa è necessario sapere, o meglio, che cosa i cittadini italiani vogliono sapere, affinché i prossimi dieci anni della loro vita non siano loro sottratti (come è stato per gli ultimi dieci)?
Ripeterò ancora una volta la litania magari a costo di fare, a dispetto della virtù, del mero esercizio accademico.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetto benessere si è speso in tutto fuorché nei servizi pubblici di prima necessità: ospedali, scuole, asili, ospizi, verde pubblico, beni naturali cioè culturali.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetta tolleranza si è fatta ancora più profonda la divisione tra Italia Settentrionale e Italia Meridionale, rendendo sempre più, i meridionali, cittadini di seconda qualità.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetta civiltà tecnologica si siano compiuti così selvaggi disastri edilizi, urbanistici, paesaggistici, ecologici, abbandonando, sempre selvaggiamente, a se stessa la campagna.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetto progresso la «massa», dal punto di vista umano, si sia così depauperata e degradata.
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetto laicismo l’unico discorso laico sia stato quello, laido, della televisione (che si è unita alla scuola in una forse irriducibile opera di diseducazione della gente).
I cittadini italiani vogliono consapevolmente sapere perché in questi dieci anni di cosiddetta democratizzazione (è quasi comico il dirlo: se mai «cultura» è stata più accentatrice che la «cultura» di questi dieci anni) i decentramenti siano serviti unicamente come cinica copertura alle manovre di un vecchio sottogoverno clerico-fascista divenuto meramente mafioso.
Ho detto e ripetuto la parola «perché»: gli italiani non vogliono infatti consapevolmente sapere che questi fenomeni oggettivamente esistono, e quali siano gli eventuali rimedi: ma vogliono sapere, appunto, e prima di tutto, perché esistono.
Pier Paolo Pasolini, Lettere Luterane, Perché il Processo. 1975.